Il famoso pezzo di carta, il diploma, serve ancora? Dipende dal tipo di studi e dal tipo di contratto di lavoro che si vuole ottenere. A scattare una fotografia dettagliata dell’occupazione dei ragazzi diplomati nelle scuole italiane, da studenti interni, è il ministero dell’istruzione con un focus dedicato all’argomento e basato sulla situazione di 1.686.573 studenti diplomati nei quattro anni scolastici compresi tra il 2010 e il 2013.
Innanzitutto la quota dei maturi è aumentata da 407mila a 435mila, tra questi i diplomati al liceo classico hanno perso più di un punto percentuale passando dal 10,1% all’8,9%, quasi un punto percentuale in meno anche per i diplomati allo scientifico scesi dal 27,9% al 27% di contro hanno guadagnato un punto percentuale sia gli istituti tecnici sia i professionali rispettivamente con il 31,9% e il 16,1% di diplomati nel 2013. Ma, una volta archiviati gli esami di maturità e conseguito il diploma, che cosa accade? Secondo il report del Miur, dopo il diploma il 40,3% stipula il primo contratto di lavoro dopo oltre un anno dalla fine degli studi. E questa è la fetta maggiore, a seguire infatti ci sono il 32,5% che lo trova entro un anno, l’11,9% entro i sei mesi e l’11,7% entro i 3 mesi
A proposito di attesa, la regione in cui i diplomati aspettano più tempo per un contratto è il Lazio visto che detiene la quota minore di contratti stipulati entro un mese dal diploma, con il 2,8% dei diplomati contro il 7% della Valle d’Aosta che raggiunge invece il livello più alto, ma è quella con il maggior numero di contratti dopo uno anno, superata dalle regioni del Sud come Puglia, Molise, Calabria e Campania. I primi a trovare un impiego, dopo il diploma, sono i maschi con il 28,6% nel 2013, peraltro in crescita rispetto al 25,5% del 2010.
Conta notevolmente anche il titolo di studio: i primi ad avere un contratto sono gli studenti che escono dall’istituto professionale, dall’agrario all’alberghiero, con una percentuale del 48,6% di occupazione, seguono i ragazzi dei tecnici, in particolare gli istituti per l’informatica, con il 38,4%, del linguistico con il 27,7%, dello scientifico con il 17,5% e del classico con il 13,6%. Si tratta quindi di diversi studi di provenienza che preparano lo studente alla professione o al proseguimento degli studi. La percentuale di coloro che entrano nel mondo del lavoro, inoltre, è inversamente proporzionale al voto di maturità: si va dal 35,2% di coloro che hanno avuto 60 al 7,4% di coloro che hanno ottenuto invece 100 e lode e che, probabilmente, continuano a studiare. Quel che si trova sono soprattutto lavori a tempo determinato che, nei 4 anni considerati, sono aumentati del 15%. E’ interessante notare inoltre che sono notevolmente aumentati gli studenti che stipulano contratti di tirocinio che passando dall’11,6% dei diplomati del 2010 al 20% tra i diplomati del 2013. Inoltre il 30% dei contratti hanno prevalentemente una durata massima di 3 mesi e, osservando i contratti attivati nei due anni dopo il diploma, circa il 70% dura esattamente quanto previsto al momento della firma.
Non ci sono quindi rotture improvvise durante il rapporto di lavoro. Considerando che per l’analisi vengono conteggiati anche contratti della durata di un giorno, emergono dal report anche dei casi limite di studenti che arrivano ad attivare addirittura fino a 349 contratti nei soli due anni successivi al conseguimento del diploma. A livello regionale che cosa succede? I diplomati che hanno avuto un contratto di lavoro nei due anni successivi alla conclusione degli studi, nel Lazio sono diminuiti dal 27,8% del 2010 al 25,1% del 2013, in Abruzzo sono scesi dal 32,3% al 27,5% e in Lombardia dal 33,3% al 29,1%. A perdere il maggior numero di contratti tra i diplomati sono regioni come l’Emilia Romagna, che è scesa dal 40,8% al 34,6%, la Liguria e la Sardegna entrambe scesa dal oltre il 34% al 29,8%. Diminuisce la quota degli studenti che hanno attivato almeno un rapporto di lavoro, nonostante abbiano deciso di portare avanti gli studi universitari: nel 2010 gli studenti lavoratori erano il 42,5% e sono progressivamente diminuiti fino ad arrivare, nel 2013, al 34,3%.
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