Catasto frutticolo nazionale. Pronti, partenza, via! Istituito con la legge di bilancio 2019/2021 del 23 dicembre 2019, muove ora i primi passi. Obiettivo: rendere più competitiva l’ortofrutta made in Italy La legge di bilancio 2019/2021 del 23 dicembre 2019, approvata dalla Camera dei Deputati, ha stabilito che anche la frutta avrà il suo catasto. La pubblicazione è avvenuta il 31 dicembre 2018 nella Gazzetta Ufficiale n.302. E’ all’Art.1, comma 666 e 667, dove viene istituito il catasto frutticolo nazionale, che sarà chiamato a censire a livello aziendale le superfici destinate a frutta, distinte con l’indicazione dei principali cultivar. A tal fine vengono stanziati 2 milioni di euro per il 2019 e 3 milioni di euro per il 2020. L’obiettivo di questo nuovo strumento, si legge nel provvedimento, è “contribuire alla competitività e allo sviluppo del settore ortofrutticolo nazionale, mediante una efficiente gestione delle informazioni sulle superfici e sulle produzioni frutticole, nonché di favorire un corretto orientamento produttivo al mercato, con conseguente riduzione dei rischi di sovraproduzione e di volatilità dei prezzi”. (Proposta emendativa pubblicata nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 04/12/2018 e visibile sul sito della Camera dei Deputati) I criteri e le modalità di realizzazione del catasto non sono ancora noti e dovranno essere adottati – previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Ma a che punto siamo oggi? Intanto l’attualità ci porta a certificare un passo in avanti, grazie alla riunione tecnica che si è svolta il 27 febbraio 2019, nella sala Cavour del Mipaaft, dove rappresentanti pubblici e la componente agricola si cono confrontati per definire i prossimi piani specifici per l’attuazione del progetto. “Si tratta di un progetto importante – spiega Alessandra Pesce, sottosegretario al Mipaaft, intervistata da AgroNotizie -, che ho fortemente voluto per dare una risposta ad esigenze che da molto tempo provenivano da tutti gli operatori della filiera. L’obiettivo è duplice: da un lato contribuire alla conoscenza più approfondita del settore utile al disegno efficace delle politiche pubbliche di sostegno, penso anche in prospettiva alla Pac post 2020, ed alla predisposizione di una strategia nazionale; dall’altro favorire una mirata pianificazione per gli operatori del settore che, a sua volta, trova nel catasto un utile strumento di orientamento di scelte strategiche”. Ma chi dovrà svolgere il compito di creare questo catasto? E come dovrà realizzarlo? “Ieri, 27 febbraio, ho convocato la prima riunione con tutti gli operatori per confrontarci sulle principali questioni inerenti la progettazione e la messa a punto del catasto frutticolo (sarà avviato per le colture permanenti). Ovviamente partiremo da una base informativa già esistente, utilizzando quelle informazioni che sono già a disposizione o che possono essere desunte in via diretta tramite sistema telematico (per quelle misure che ne prevedono il rilascio). Penso ad esempio alle domande della Pac per il primo pilastro, per lo sviluppo rurale, per i programmi operativi dell’Ocm e per i piani assicurativi nazionali. Il Catasto frutticolo permetterà di rendere disponibili tutta una serie d’informazioni che andranno oltre la semplice estensione e localizzazione del frutteto Italia. Per ogni singola azienda pensiamo di poter avere un quadro completo d’informazioni di carattere colturale ed agronomico, quali: l’età delle piante, il sesto d’impianto, la varietà, il calendario di maturazione, il metodo d’irrigazione e le tecniche colturali. Ci sarà da approfondire la questione del rilascio delle informazioni che ad oggi sono esclusivamente su base dichiarativa volontaria e che dovranno essere quindi inserite in un nuovo contesto di validazione. E’ importante far sì che lo strumento che stiamo creando continui a mantenersi aggiornato e dinamico con il tempo e su questo è necessario l’impegno di tutti gli operatori“. Quali sono i tempi di realizzazione e su quali criteri si baserà? “Entro fine marzo dovremo predisporre il decreto – conclude la Pesce -. Stiamo lavorando con Agea e gli operatori per mettere a punto, prima possibile, metodo e sistema in modo da accelerare i tempi. Il catasto frutticolo è una grande opportunità non solo per l’Amministrazione pubblica, che potrà finalmente avere uno strumento a supporto delle politiche per il settore, ma soprattutto per i nostri agricoltori e le organizzazioni, che potranno così avere chiaro il contesto in cui stanno operando e sviluppare al meglio scelte strategiche nel breve e lungo periodo“. Il catasto frutticolo è un buon inizio Anche le organizzazioni dei produttori agricoli italiani vedono in questa iniziativa un’opportunità positiva per l’intero settore agro-alimentare made in Italy. A patto però che non rimanga l’unica soluzione per migliorare la situazione critica di un mondo chiave e strategico per l’economia del Paese. “L’istituzione del catasto frutticolo – commenta Dino Scanavino, presidente Cia – Confederazione italiana agricoltori, ad AgroNotizie – rappresenta un importante passo avanti per i frutticoltori italiani. L’opportunità di disporre di dati puntuali sulle produzioni non può chefavorire una migliore programmazione strategica, sia a livello aziendale che a livello di Op, permettendo una più consapevole pianificazione degli investimenti produttivi e delle strutture di condizionamento. Il disporre delle informazioni relative alla localizzazione delle produzioni e alla fascia temporale d’immissione sul mercato aumenterà la trasparenza e porterà ad una mitigazione delle condizioni d’incertezza in cui spesso si trovano ad operare le aziende (anche in funzione dell’andamento climatico, delle tendenze di consumo e della concorrenza straniera), contribuendo ad evitare, o quanto meno a prevedere, crisi di mercato e fenomeni di eccessiva volatilità dei prezzi. Infine i dati del catasto frutticolo saranno un valido supporto per garantire un corretto posizionamento dell’Italia nell’ambito della discussione sulla prossima Pac e sulla revisione dell’Ocm”. E’ evidenti che la sua realizzazione dovrà basarsi su certi criteri ed il presidente Scanavino ne indica alcuni: “E’ importante che il catasto si basi sulle informazioni già presenti nelle banche dati esistenti, con particolare riferimento al Sistema Informativo agricolo nazionale e al Fascicolo aziendale. Un criterio fondamentale è che però il dato resti di proprietà dell’agricoltore e che sia quindi di accesso semplice, immediato e gratuito per tutti gli operatori. I parametri da considerare dovranno essere oltre a quelli già citati il numero di piante ad ettaro, l’età delle piante, il sesto d’impianto e la forma di allevamento. A tale scopo è fondamentale che il mondo produttivo ed associativo sia coinvolto in prima persona nella rilevazione attraverso le organizzazioni di produttori e, soprattutto, i centri di assistenza agricola. Ad ogni modo è importante che la metodologia d’indagine e la raccolta dei dati segua protocolli rigorosi in modo da garantire l’autenticità e la correttezza dei dati raccolti”. Questa iniziativa è una prima strada per aumentare la competitività e la redditività delle aziende agricole. Ma esistono anche altri armi che devono essere dati agli agricoltori per raggiungere questi obiettivi. “Il catasto non può rappresentare da solo la soluzione alla competitività –conclude Scanavino -. E’ un primo passo. Oltre a ciò l’agricoltura italiana dovrà proseguire nel percorso di aggregazione dell’offerta e di regolazione della filiera già intrapreso. In questo ambito un ruolo sempre più centrale deve essere quello svolto dall’organizzazione interprofessionale che può rappresentare con la giusta autorevolezza gli interessi della filiera italiana. Non va dimenticato infine che l’unico modo per continuare ad essere competitivi è quello di investire in innovazione tecnologica e varietale per incontrare le esigenze del consumatore, sempre più attento ai temi di qualità e salvaguardia ambientale. Sarà fondamentale infine, anche nel settore dell’ortofrutta, disporre di strumenti efficaci per la gestione dei rischi, anche di mercato”. Catasto frutticolo sì, ma non da solo “Da tempo avevamo indicato la creazione del catasto frutticolo – spiega Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – come un elemento essenziale e strategico per il sistema ortofrutticolo nazionale, fondamentale per la conoscenza del nostro patrimonio arboreo. Secondo gli ultimi dati pubblicati qualche giorno fa da Eurostat, circa 1,3 milioni di ettari in Ue sono coperti da frutteti e due terzi di questa superficie sono concentrati in Spagna, Italia e Polonia. L’Italia con quasi 280mila ettari riveste il 22% della superficie frutticola europea ed è un importante player globale, sia in termini di produzione che in termini di esportazioni con prodotti di punta come mele, pere, kiwi, uva da tavola, agrumi, nocciole. Ad oggi, però, non disponiamo di una base di dati univoca e dettagliata che consenta di avere un quadro chiaro del patrimonio nazionale, in relazione alla frutta fresca, agli agrumi ed alla frutta in guscio. La creazione del catasto frutticolo porterà una base statistica certa ed aggiornata con cui poter effettuare una corretta programmazione ed impostare adeguate strategie per il settore”. “Credo – prosegue Giansanti – che i dati su cui dovrà basarsi dovranno essere dettagliati e puntuali. Ne ricordiamo alcuni: superfici investite, anno d’impianto, sesto d’impianto, nuovi impianti non ancora produttivi ed in produzione, varietà suddivise in base al periodo di maturazione, produzione media registrata, biologico, Dop, Igp, etc. L’idea da valutare potrebbe essere quella di partire dai dati attualmente disponibili attraverso il fascicolo aziendale in possesso dell’amministrazione. È necessario poi un provvedimento che stabilisca le regole principali d’istituzione e gestione del catasto e che affidi ad una istituzione il coordinamento dell’operazione. Questa iniziativa è un primo importante passo, che però da sola non basta. Occorre operare su numerosi altri fronti. L’ortofrutta vive uno squilibrio nelle regole tra import (approccio permissivo dell’Ue) ed export (approccio restrittivo dei Paesi terzi). Tale sbilanciamento compromette la redditività ed il futuro delle imprese. Per riequilibrare tale sistema sarebbe necessario rafforzare il principio di precauzione: maggiore attenzione a ciò che si importa, rafforzare le misure di controllo alle frontiere e sui mercati (per verificare il rispetto degli standard di qualità). Occorre poi promuovere il principio di reciprocità: pretendere che siano davvero comparabili le regole di produzione e gli standard dei prodotti importati rispetto ai requisiti richiesti a quelli europei. È necessario, inoltre,garantire un sistema armonizzato di regole fitosanitarie valido almeno all’interno dell’Ue. È fondamentale, poi, incentivare l’apertura di nuovi mercati di sbocco commerciale. Purtroppo oggi gli scambi internazionali di ortofrutta sono ostacolati dalle barriere fitosanitarie, che in realtà spesso mascherano vere e proprie misure di protezionismo. Un altro versante sul quale siamo costantemente impegnati come Confagricoltura è la revisione degli accordi commerciali in essere; in particolare chiediamo sempre una preventiva ed attenta valutazione d’impatto in merito ai possibili effetti di ulteriori concessioni e in relazione all’apertura di nuovi accordi“. © AgroNotizie – riproduzione riservata Fonte: Agronotizie Autore: Lorenzo Cricca
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