Corre all’estero, in ripresa in Italia. È l’attuale momento del vino made in Italy secondo quanto emerge dai dati Istat sulle esportazioni e sul rapporto Iri sulle vendite nella grande distribuzione resi noti ieri.
Sul fronte dei mercati internazionali il 2018 ha fatto registrare un nuovo record per le spedizioni di etichette italiane che hanno superato quota 6,2 miliardi di euro (+3,3%) con un incremento in 12 mesi di ben 200 milioni. Al positivo dato sul fatturato realizzato estero fa da contraltare la flessione delle quantità commercializzate calate infatti dell’8,1% a conferma della strategia in atto da anni che punta a rafforzare valori e prezzi medi delle bottiglie made in Italy.
Sul fronte dei singoli mercati di sbocco, secondo le elaborazioni effettuate dalla Fondazione Qualivita sui dati Istat, bene le due principali destinazioni del vino italiano: Usa e Germania entrambe cresciute in valore del 4 per cento. Molto positivi anche alcuni dati registrati “fuori casa” e cioè in paesi produttori nonché competitors del vino made in Italy come Francia (+10,1%) o l’Australia (dove le vendite di etichette italiane sono aumentate del 18,5%).
Gli ingenti investimenti effettuati dal vino italiano in promozione all’estero (pur se con qualche stop and go l’Italia sommette di soli fondi comunitari oltre 100 milioni di euro l’anno) stanno dato risultati positivi anche sul fronte della ricerca di nuovi spazi di mercato come testimoniato dalle cifre sulle esportazioni in Polonia (+23,3%) o Corea del Sud (+14,6%). Unica nota stonata le performance registrate nelle due eterne promesse per l’export di vino italiano: Cina e Russia (entrambe calate del 2,4%).
«I dati ci restituiscono risultati ai quali stiamo lavorando da anni – ha commentato ieri il presidente della Federdoc (la federazione tra i consorzi Doc e Docg), Riccardo Ricci Curbastro –: la crescita in valore delle esportazioni indica che c’è un aumento nella remunerazione del vino made in Italy che interessa tutta la filiera a partire dai viticoltori che sono il primo baluardo del sistema dei vini a denominazione d’origine».
Ma nella giornata di ieri sono stati diffusi anche altri numeri rilevanti per il vino italiano quelli del rapporto di Iri sulle vendite di vino nella grande distribuzione organizzata. Secondo le anticipazioni fornite ieri (il rapporto completo sarà presentato nel corso prossimo Vinitaly a Verona dal 7 al 10 aprile) nella Gdo italiana nel corso del 2018 sono stati venduti oltre 619 milioni di litri (-4,4%) per un giro d’affari di 1,9 mliardi di euro (+2,9%). Un andamento altalenante al quale però ha fatto seguito una positiva ripresa nei primi due mesi del 2019 quando le vendite sugli scaffali sono aumentate in quantità dell’1,7% con una punta del +5,3% per i vini Doc e Docg. Ma forse il dato più positivo che emerge dai dati Iri è quello sul prezzo medio aumentato nel complesso (e quindi tra bottiglie, brik e bag in box) del 7,7% a quota 3,07 euro al litro ma che diventa di 4,53 euro (+4,8%) per le sole bottiglie.
«Da anni cantine e catene distributive portano avanti la scommessa sul valore – ha spiegato il Business Insight Director di IRI, Virgilio Romano – per dare la giusta rilevanza alla grande offerta di uve presenti in Italia. E questo significa lavorare sulla qualità, sui disciplinari delle denominazioni d’origine, ridurre le promozioni e definire i prezzi più appropriati».
Ottime performance sono state messe a segno dal segmento dei vini e degli spumanti biologici cresciuti rispettivamente del 18 e dell’11,8% ma che rappresentano appena 5 milioni di litri sui complessivi 619.
I dati di Iri consentono inoltre di valutare le performance delle singole denominazioni italiane. E dalle cifre emerge che il vino più venduto nella grande distribuzione è il Lambrusco, seguito dal Chianti e dal Montepulciano d’Abruzzo. Primo vino bianco è, al quarto posto, lo Chardonnay, seguito da Barbera, Bonarda e Vermentino. I dati Iri segnalano inoltre le denominazioni che hanno messo a segno le migliori performance di crescita e al primo posto c’è il bianco gardesano Lugana (le cui vendite sono aumentate del 22,1% in volume e del 24,2% in valore). Tra le denominazioni va poi segnalato il caso del Prosecco che (considerato come un’unicum senza cioè differenziare tra Doc e Docg, né tra prodotto veneto e friulano) dopo anni di tumultuosa crescita ha registrato sugli scaffali della Gdo italiana nel 2018 una frenata dell’11,5% in quantità e del 6,7% in valore.
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